Né il grido di dolore delle madri che ci hanno incitato a lottare e non mollare per difendere il futuro dei nostri figli; loro con bambini in braccio di pochi anni e già il futuro compromesso da gravi malattie legate all'inquinamento.
Non potevamo sapere che avremmo pianto con loro, per loro e per noi.
E non potevamo sapere che il monito unanime lanciatoci da amministratori, medici, oncologi, semplici cittadini fosse uno solo: non la fate accendere, dopo non sarete più in tempo. Questa esperienza è stata dura, perché ci ha sbattuto in faccia la concretezza di quanto andiamo denunciando da anni, e insieme bellissima per la generosità di coloro che abbiamo incontrato. Uomini e donne che hanno messo a disposizione la loro testimonianza di sofferenza di persone e di territorio nel tentativo di fornire un contributo alla nostra lotta, che è poi la loro. Questo ci da una certezza in più: dobbiamo continuare a lottare contro un mostro che devasta territori e coscienze perché abbiamo, dalla nostra, la forza della ragione. I campi bruciati, il mare morto per i miliardi di litri di acqua calda che vi è riversata quotidianamente dentro, il dolore di quanti stanno pagando con la vita loro e dei loro cari la protervia dell'ENEL di attribuire ai "caminetti" e ai "falò delle potature di ulivo" i picchi enormi di PM10, ed ancora la denuncia dura degli oncologi, l'inutilità di ogni forma di controllo e monitoraggio denunciato dagli amministratori, le decine di promesse non mantenute dall'ENEL e dalla politica e lo scoprire che il tutto è stato irrorato da tangenti versate addirittura per ogni tonnellata di carbone scaricata al porto di Brindisi, ci hanno dato la certezza che la storia rischia di ripetersi. Anche a Brindisi l'ENEL aveva raccontato del suo grande impegno a tutela dell'ambiente, di un ingente incremento dell'occupazione, di diminuzione del costo dell'elettricità, aveva firmato convenzioni, promesso riconversione a metano della centrale dopo pochi anni. Ed invece complice una politica che, come raccontatoci dal Presidente della Provincia di Brindisi Michele Errico, si è piegata ed adattata agli interessi economici abdicando al suo ruolo di governo degli stessi, per anni l'ENEL ha immesso, e continua ad immettere, centinaia di tonnellate di veleni sul territorio. Oggi i terreni e le falde acquifere sono inquinati da arsenico mercurio e benzene, la cui principale fonte antropica è la combustione dei combustibili fossili, i campi limitrofi al nastro trasportatore sono sotto ordinanza di blocco delle coltivazioni per centinaia di metri e nessuno acquista più i prodotti, una volta di eccellenza, di Cerano e dell'area del Brindisino ormai riconosciuta sito inquinato nazionale. Gli oncologi sono concordi: il monitoraggio conta solo i danni; che il carbone emetta numerose sostanze cancerogene è ormai evidenza scientifica. Unica soluzione è il non utilizzare questo combustibile e chiunque ignora tale assunto si rende responsabile delle gravissime percentuali di mortalità e morbilità che affliggono quanti hanno la disgrazia di vivere attorno a tali impianti. Ancora di più oggi possiamo affermare che la volontà di portare al 50% la produzione di energia derivante dal carbone, come preannunciato dall'ENEL nel proprio piano industriale, è una volontà criminale, e criminale è chi, nelle istituzioni, acconsentendo a tale scelta, si rende complice della devastazione di interi territori, con le loro popolazioni e le loro economie. E ciò senza fare riferimento alcuno all'incremento di produzione di anidride carbonica, e il conseguente aggravamento dell'effetto serra, che la combustione del carbone comporta. Di questa nostra esperienza abbiamo voluto farne un documentario, che sarà proiettato il 4 aprile a Tarquinia, (Top 16 ore 17) e in seguito a Civitavecchia, perché la sofferenza delle popolazioni di Brindisi, di Torchiarolo e dei paesi attorno sia da monito e da stimolo a quanti per rassegnazione, stanchezza o sfiducia pensano non ci sia più niente da fare per fermare la riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord di Civitavecchia o altri mostri simili.
Ancora di più oggi ne siamo convinti: la nostra è una battaglia di legittima difesa; non vi e non ci daremo tregua finché non riusciremo a scongiurare questa ipoteca sul futuro dei nostri figli e del nostro territorio. Vogliamo infine ringraziare gli abitanti di Torchiarolo e di Cerano, ed in particolare Giovanni Liaci, senza i quali ogni cosa non sarebbe stata la stessa, nemmeno la forza che abbiamo riportato a casa.
Movimento No Coke Alto Lazio
http://nocoketarquinia.splinder

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